La pittura della Bit Generation | Ivan Quaroni
ottobre 19, 2010 da Ivan Quaroni
La pittura della Bit Generation
(The Butterfly Effect n.8)
di Ivan Quaroni
Negli ultimi vent'anni abbiamo assistito ad una serie di cambiamenti epocali che hanno radicalmente ridisegnato il nostro modo di vivere. Soprattutto la crescita esponenziale delle tecnologie, la cosiddetta rivoluzione digitale, ha comportato una profonda ridefinizione non solo delle nostre abitudini e dei nostri comportamenti, ma anche dei nostri pensieri. In sostanza, la diffusione di massa del computer prima e del World Wide Web poi ha definitivamente modificato il nostro approccio cognitivo. A ben vedere, la digitalizzazione delle informazioni, divenuta ormai una prassi indispensabile, coinvolge ogni ambito dell'agire umano, dal lavoro alla cultura alla gestione del tempo libero.
Giuseppe Linardi, Decodificazione, tecnica mista su tela, 150x300 cm., 2010 Courtesy Casa d'Arte San Lorenzo, Milano | Daniele Girardi, Inner Surface, tecnopittura su tela, 150x200 cm., 2009 Courtesy First Gallery, Roma |
Al centro di questa rivoluzione c'è il PC, lo strumento che trasforma le informazioni in formato digitale. Per capire la portata di questo cambiamento bisogna ricordare che prima dell'avvento globale del computer le informazioni erano interamente gestite su supporti analogici, su oggetti concreti, fisici, dotati di una propria massa, dunque ingombranti. L'era digitale è, per dirla con Nicholas Negroponte, una faccenda che riguarda il passaggio dagli atomi ai bit. "Anche se non c'è dubbio che siamo ormai nell'era dell'informazione", scriveva l'ex direttore del MIT (Massachussets Institute of Technology), "la maggior parte di questa ci viene fornita sotto forma di atomi: quotidiani, riviste e libri" (1). Infatti, per quanto piccolo sia, l'atomo è pur sempre l'unità fondamentale della materia, o dell'energia, di cui è composto il mondo. Il bit, invece, non ha colore, dimensioni o peso e può viaggiare alla velocità della luce. Esso è il più piccolo elemento atomico del DNA dell'informazione (2).
Manuel Felisi, Trave, tecnica mista su tela, 50x150 cm., 2010 Courtesy Fabbrica Eos, Milano | Cosimo Andrisano, Desintonizzazione, tecnica mista, 75x75 cm., 2010 Courtesy Casa d'Arte San Lorenzo, Milano |
A distanza di 15 anni dalla pubblicazione del fondamentale libro di Negroponte, la rivoluzione dei bit sembra aver preso il sopravvento. Le informazioni sono sempre meno "atomiche" e sempre più virtuali. Sono perfino nate forme d'arte prima impensabili, come la Pixel Art e la Pittura Digitale. La Pixel Art, che alcuni considerano come una evoluzione informatica dello stile pittorico divisionista, consiste in una tecnica di costruzione delle immagini che evidenzia la struttura dei pixel, ritenuti gli elementi fondamentali dell'immagine digitale. La Pixel Art, eseguita al computer con l'ausilio di software grafici, richiama nostalgicamente le immagini semplici e poco definite dei videogame degli anni Ottanta. Più innovativa è, invece, la cosiddetta Pittura Digitale, il cui oggetto finale è comunque un bitmap (3) , ma che può inglobare virtualmente qualsiasi stile pittorico. Con i software oggi disponibili, l'artista digitale può simulare sulla sua tavoletta grafica qualsiasi tipo di segno o pennellata con qualsiasi tipo di tecnica. Di fatto, la pittura digitale è la pittura dell'epoca dei bit. Ciononostante, anche la pittura analogica, la pittura tout court, ha in qualche modo subito l'influsso della rivoluzione digitale. Già l'opera di artisti come Gerhard Richter, Chuck Close e Malcolm Morley ha rappresentato, come sostiene Wolfgang Becker (4),
una sorta di preparazione dell'occhio digitale. Il mutato modo di vedere (ma anche di concepire) le immagini pittoriche attraverso il filtro di media come la fotografia e la televisione ha infatti predisposto le nostre percezioni visive all'avvento delle immagini formate da bit.
Daniele Girardi, Drawing X, tecnopittura su carta intelata, 30x40 cm., 2009 Courtesy First Gallery, Roma | Manuel Felisi, Piscina, tecnica mista su tela, 100x100 cm., 2010 Courtesy Fabbrica Eos, Milano |
Le opere di Close, ad esempio, introducono il concetto di de-differenziazione, concernente un tipo d'immagine pittorica figurativa ottenuta dalla composizione di segmenti autonomi, privi di soggetto e dunque astratti. Con questa tecnica l'artista evidenziava come l'immagine sia nient'altro che il risultato di una sommatoria di segni astratti e autoreferenziali. Lo stesso pensiero è riscontrabile nelle opere di Cristiano Pintaldi, che invece sono dipinte seguendo la logica di scomposizione propria delle immagini digitali, dove l'unità elementare dell'informazione visualizzata sullo schermo è il pixel, con i tre punti di colore rosso, verde e blu.
Giuseppe Linardi, Decodificazione, tecnica mista su tela, 80x150 cm., 2010 Courtesy Casa d'Arte San Lorenzo, Milano | Cosimo Andrisano, Desintonizzazione, tecnica mista e mosaico, 75x75 cm., 2010 Courtesy Casa d'Arte San Lorenzo, Milano |
Sia nel caso di Chuck Close che in quello del summenzionato artista italiano è evidente la presa di coscienza dello scarto esistente tra le immagini analogiche e digitali. Tale scarto riguarda il passaggio, dal punto di vista genetico, da un'entità materiale, ascrivibile all'ambito della fisica classica, a una virtuale, più prossima alla fisica quantistica. Nel caso delle immagini digitali la sorgente è, infatti, rappresentata da informazioni immateriali, laddove in quelle analogiche assume la forma tangibile della pellicola fotografica. Lo scarto consiste anche nel fatto che le immagini digitali sono essenzialmente formate da un codice informatico. Per l'artista della Bit generation riflettere sulle immagini digitali significa riflettere su un nuovo tipo di linguaggio e sulle nuove modalità percettive che esso comporta.
Un tal Enzo Rossi Roiss, che non ho mai conosciuto e della cui esistenza in terra ho appreso solo in tempi recenti, continua ossessivamente e compulsivamente ad inviare e pubblicare notizie riguardo al sottoscritto che, nella migliore delle ipotesi, rappresentano solo una distorta e malevola interpretazione della realtà.
Il sottoscritto, critico d'arte e curatore professionista (con tanto di Partita Iva), ha prestato il proprio contributo in maniera del tutto gratuita in occasione della mostra veneziana dei sedicenti disegni di Francis Bacon, esprimendo nel suo saggio in catalogo, nel novero di un'indagine storica tutta in divenire, non poche perplessità; perplessità ovviamente non condivise dai poco limpidi organizzatori e che hanno trovato alimento ulteriore con le iniziative successive messe in atto da Cristiano Lovatelli-Ravarino in sintonia con l'editore Christian Maretti e l'avvocato Umberto Guerini. Iniziative che in alcun modo interessavano ed interessano il sottoscritto che, di fatto, ha negato qualunque ulteriore coinvolgimento, chiudendo da tempo, definitivamente e chiaramente, qualsiasi rapporto con suddetti personaggi.
Il signor Rossi-Roiss, che continuo a ribadire di non aver mai conosciuto, si è permesso in maniera arbitraria e scorretta di diffondere i contenuti di comunicazioni personali, atte solo ad alimentare la mia ricerca di verità e il mio personale studio di quei disegni. Nel far ciò si permette di manifestare nei miei confronti osservazioni del tutto deliranti, in quanto, a differenza sua, il mio curriculum professionale è conclamato da vent'anni di d'attività, con centinaia di mostre realizzate in tutto il mondo e oltre cento pubblicazioni, all'interno delle quali l'episodio veneziano dei disegni di Bacon appare assai risibile.
Non ho mai inteso nè inventarmi nè spacciarmi per baconologo tout-court, come asserisce il signor Rossi Roiss, essendo il mio precipuo interesse e la mia attività indirizzate principalmente verso l'arte contemporanea e non la storia dell'arte (antica, moderna e contemporanea) propriamente detta. Ciò non toglie che l'incessante studio e approfondimento della storia dell'arte rimangano la base imprescindibile del mio mestiere ed in quest'ottica va inteso il mio interesse anche verso la vicenda intrigante dei sedicenti disegni bolognesi di Francis Bacon.
I doni, natalizi e non, ricevuti spontaneamente da Cristiano Lovatelli Ravarino, che lui poco elegantemente e inopportunamente ha avuto il pessimo gusto di elencare, rinfacciandoli di fatto, in un suo delirante scritto ripreso altrettanto follemente dal Rossi Roiss in uno dei suoi tanti blog, sono stati evidentemente provocati da un suo ingiustificato quanto immotivato senso di riconoscenza verso la mia persona, all'interno di un rapporto personale (non intimo, preciso) in alcun modo riconducibile alla mia esperienza veneziana.
Il signor Rossi-Roiss dimostra una scorretezza, un livore, un accanimento ed una pervicacia contro il Lovatelli Ravarino e i suoi disegni; malevolenza che si manifesta nell'ossessiva diffusione di informazioni parziali e nuovamente malevole (coinvolgendo persone largamente estranee all'oggetto della sua livorosa guerra personale e guardandosi bene dal pubblicare le repliche ricevute) che poco hanno a che fare con quella serenità e lucidità che ritengo fondamentali per la corretta conduzione di qualunque indagine seria ed equilibrata.
Questo tanto per chiarire.
Commento di albertoagazzani | agosto 18, 2010 |
PS Nel giugno del 2009 mi è stata chiesta la disponibilità ad occupare la poltrona di assessore alla Cultura del Comune di Guastalla da parte del futuro vicesindaco, in quota Lega Nord (nella lista della quale sono stato candidato come INDIPENDENTE – ero membro dell'esecutivo del Dipartimento Cultura del PdL Lombardia al tempo – ed ELETTO, secondo per preferenze, consigliere della Città Storica a Reggio Emilia, incarico per il quale mi ero appunto candidato); disponibilità che è stata cortesemente negata, non ritenendomi in grado di ricoprire detto incarico nè interessato a svolgere attività ulteriori e diverse da quella che già svolgo. Anche su questo argomento il signor Rossi Roiss ha distorto malevolmente la realtà dei fatti.
Commento di albertoagazzani | agosto 19, 2010 |
Questo sgradevole individuo ce l'ha sopra tutti con Cristiano Lovatelli Ravarino, il proprietario dei sedicenti disegni di Bacon, e tenta, invano, di tirarmi dentro ai suoi disperati deliri. Questo personaggio, infatti, era un grande sostenitore di quei disegni quando il Ravarino, prima di scaricarlo, lo aveva ben remunerato per averlo aiutato a venderne alcuni, anni or sono. Ora che non è più della partita del Ravarino si sfoga gettando fango su tutti coloro che hanno avuto e che hanno a che fare, a vario titolo, con quella vicenda. Mah?!
Ora, al colmo della disperazione, annuncia anche querele: faccia pure! Ma quelle non basta depositarle, ma occorre anche vincerle (ammesso che incontri un giudice disposto a dargli credito, considerati i vistosi precedenti, pare anche carcerari), e se pensa di spillarmi dei denari sulla base dei suoi vaneggiamenti si sbaglia di grosso: non son mica così sprovveduto da cascare nella sua ormai abusata e sin troppo scoperta trappola!
Commento di albertoagazzani | agosto 25, 2010 |